Invenzione del dipendente: i diritti dell’inventore e i diritti dell’azienda

Le aziende stanno investendo in innovazione, sia con strumenti e servizi terzi rispetto all’organizzazione aziendale, ma anche a volte valorizzando gli stessi dipendenti formati e con competenze specifiche.

E’ bene dunque che da una parte l’azienda tuteli i propri investimenti e sappia come muoversi e dall’altra il dipendente conosca i propri diritti e possibilità.

Può pertanto accadere che un lavoratore, durante l’esecuzione del rapporto di lavoro o al di fuori dell’orario e del luogo di lavoro, ma comunque in connessione logica e di fatto con l’azienda in cui lavora, realizzi un’ invenzione, ovvero crei qualcosa di nuovo (ad esempio, un oggetto, un processo produttivo o un software) che sia suscettibile di essere utilizzato o di avere un’applicazione industriale.

 

In tal caso la questione non è disciplinata da norme proprie del diritto del lavoro – ad eccezione dell’art. 2590 del codice civile, che spiega come il lavoratore abbia diritto a essere riconosciuto autore “dell’invenzione fatta nello svolgimento del rapporto di lavoro” – bensì dal D.Lgs n.30/2005 recentemente modificato dal D.Lgs. n. 131/2010, il Codice della proprietà industriale.

 

I diritti di cui è titolare il lavoratore – al quale spetta sempre il diritto morale di essere riconosciuto autore dell’invenzione – cambiano a seconda del contesto in cui l’invenzione è realizzata:

  • se ciò avviene in adempimento del contratto di lavoro che prevede svolgimento di attività di ricerca e retribuito proprio al fine di inventare processi nuovi, si parla di invenzioni di servizio. in tal caso, i diritti patrimoniali che ne discendono (tra cui l’equo premio e il brevetto) appartengono tuti al datore di lavoro.

In tal caso però, contratto di lavoro deve prevedere (anche in un momento successivo all’assunzione) l’oggetto della prestazione, che deve comprendere «non solo l’attività prodromica e funzionale all’invenzione, ma anche la eventuale invenzione e conseguentemente l’utilità che da essa potrà essere tratta» (Cass. n. 10851/1997) e contestualmente stabilire la retribuzione assegnata per l’attività inventiva, a compenso dello «sforzo di ricerca di un quid novi assunto contrattualmente» (Cass. n. 11305/2003).

  • se non si è assunti o impiegati proprio al fine di inventare, ricercare o studiare, ma accade che nell’esecuzione delle proprie mansioni si inventi qualcosa di nuovo, si parla di invenzioni di azienda. In questo caso i diritti derivanti dall’invenzione appartengono al datore di lavoro, ma il lavoratore ha diritto a un equo premio (un compenso apposito), che viene determinato sulla base di molti fattori (le mansioni svolte, la retribuzione in essere, l’importanza dell’invenzione, ma anche l’apporto che l’organizzazione aziendale ha fornito al lavoratore autore dell’invenzione).

L’equo premio non è vera e propria retribuzione, ma piuutosto «un trattamento economico straordinario a carattere indennitario» (Cass. n. 329/1979), derivante dal fatto che la tecnologia brevettata conferisce «al datore di lavoro un effettivo vantaggio competitivo rispetto alle imprese concorrenti dando origine ad un quid pluris di redditività aziendale alla quale è giusto che partecipi il dipendente» (Relazione illustrativa del testo del “Codice della proprietà industriale”, 11.3).

 

È possibile che criteri per la determinazione dell’equo premio vengano definiti anche dai CCNL : in questo senso l’art. 4 della L. n. 190/1985 dispone che: «i contratti collettivi possono definire le modalità tecniche di valutazione e l’entità del corrispettivo economico della utilizzazione (…) delle invenzioni fatte dai quadri, nei casi in cui le predette innovazioni o invenzioni non costituiscano oggetto della prestazione di lavoro dedotta in contratto».

 

  • infine, può accadere che al di fuori dell’orario di lavoro e dal luogo di lavoro, il dipendente ponga in essere un’invenzione che riguardi, tuttavia, il campo di attività del datore di lavoro: si tratta delle cd. invenzioni occasionali. Qui è il lavoratore a essere titolare dei diritti patrimoniali e di brevetto; tuttavia, se l’inventore non vuole sfruttare personalmente l’invenzione (ad esempio, non sa come brevettarla) il datore di lavoro ha un diritto di opzione sull’uso della stessa. Anche in questo caso, spetta al lavoratore una somma di denaro.

Tali invenzioni comporteranno per il datore di lavoro un diritto di opzione – da esercitare entro tre mesi dalla data di ricevimento della comunicazione dell’avvenuto deposito della domanda di brevetto – per l’uso, esclusivo o non esclusivo dell’invenzione o per l’acquisto del brevetto, nonché per la facoltà di chiedere od acquisire, per la medesima invenzione, brevetti all’estero; per il dipendente la corresponsione del canone di licenza o del prezzo di cessione dell’invenzione, da fissare con eventuale deduzione di una somma corrispondente agli aiuti che l’inventore abbia comunque ricevuti dal datore di lavoro.

 

Da sottolineare però che, salvo patto contrario, qualora il dipendente o collaboratore a progetto realizzi programmi software o banche dati, nell’esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dal datore di lavoro, a quest’ultimo spetta il diritto esclusivo della loro utilizzazione economica ai sensi della L. n. 633/1944, art. 12-bis; D.Lgs. n. 276/2003, art. 65, c.2).