European Chips Act e Nexgeneration UE

La maggior parte degli strumenti che utilizziamo quotidianamente, dallo smartphone, alla console per videogiochi, al tablet, al pc, alla smart tv, allo smartwatch, ai veicoli elettrici, hanno alla base del proprio funzionamento dei microprocessori.
La pandemia, il periodo storico di transizione energetica e la maggior domanda di microprocessori hanno evidenziato le difficoltà del settore a soddisfarne la domanda.
Attualmente la produzione della maggior parte dei microprocessori è prodotta dalle grandi del silicio, si pensi ad Intel, ad Amd, a Samsung, ad Nvidia, ad Apple e Tesla, e altre realtà note.

Alcune di queste hanno tuttavia esternalizzato la propria produzione di chip a TSMC fonderia Taiwanese la quale proprio per tali circostanze ha accumulato ritardi nella produzione, non riuscendo a stare al passo con l’esigenze dei segmenti di mercato che stanno ora spingendo sulla digitalizzazione di prodotti e servizi.

 


Ad oggi l’Europa, sebbene non abbia mai rinunciato all’impegno per il progresso tecnologico e alla autosufficienza computazionale, fino ad ora è tuttavia stata poco presente.



La situazione potrebbe tuttavia cambiare in considerazione del piano di investimenti che l’Unione Europea sta mettendo a punto per garantire all’Europa e ai suoi Stati membri un posto di rilievo nel settore.
L’European Chips Act avrà l’obiettivo di collegare ricerca, design e strutture di test, cordinare gli investimenti Europei e nazionali, sostenere e aumentare la produzione di microprocessori e sviluppare nuovi mercati per le industrie di domani.
Inoltre, più del 20% degli 806.9 miliardi del fondo NextGenerationUe saranno investiti in progetti legati al mondo del digitale.
Con l’obiettivo per il 2030 di raggiungere il 20% di market share della produzione mondiale di semiconduttori.

Ma la vera sfida non sarà quella di stare al passo con la produzione, e dunque soddisfare la domanda del mercato, ma quella di saper innovare e di superare i limiti fisici attualmente fissati dalle odierne architetture e dai materiali utilizzati per la realizzazione dei transistors, secondo due direttrici, performance e efficienza energetica.



Emblematico esempio di questa direzione del mercato è quello dei microprocessori ad architettura ARM, sviluppata da ARM Holdings (acquisita nel 2016 dal gruppo SoftBank), che licenzia ad altre aziende (Intel, IBM, Samsung, STMicroeletronics, ecc.) la possibilità di realizzare Core basati su quella specifica architettura.


Nel corso dei prossimi anni siamo dunque destinati ad assistere ad una “rivoluzione” del settore, che terrà indubbiamente conto non solo delle indicate direttrici ma anche delle esigenze legate alle tematiche della Cybersecurity e della Privacy, verso una frenetica corsa alla privativa industriale (es. brevetto) che possa conquistare le maggiori fette di mercato e la richiesta di licenze da parte dei costruttori di dispositivi elettronici.



Per l’Italia si prospetta l’occasione di non ripetere gli errori commessi con l’Olivetti e, con le proprie ottime realtà imprenditoriali già presenti, di guadagnarsi un posto di tutto rispetto nell’economia mondiale nello sviluppo e produzione di microprocessori.

 

A cura del Dott. Marco Accardo

 

marco.accardo@studiobosaz.it